I Leonardini
Eravamo negli anni settanta e abitavo in Emilia, a Guastalla. Il morbo mi aveva già contagiato e mi interessavo, oltre che all'aeromodellismo, a tutto ciò che riguardava il volo. In quel periodo conobbi Fausto Daolio. Fausto aveva un'officina meccanica ed eseguiva lavori di tornitura per conto terzi. Anni prima Fausto aveva provato a volare con una specie di ultraleggero, quando probabilmente il nome non era ancora stato coniato. Lo aveva costruito partendo dalla centina di un aereo residuato bellico (foto sotto), e per poco non ci rimise le penne... La cosa evidentemente non lo scoraggiò, infatti quando lo conobbi volava su un Leonardino autocostruito di progettazione Bagalini.



I Leonardini erano un'applicazione della NASA dell'ala di Rogallo, ideata per paracadutare velivoli al rientro dallo spazio. In pratica si trattava di un triangolo di tela applicato a una semplicissima struttura in tubi di alluminio, il controllo era su due soli assi per mezzo dei piani di coda, la stabilità laterale era assicurata dal baricentro molto abbassato che creava un forte "effetto pendolo". Il motore era generalmente quello del "Maggiolino" Volkswagen.
Nella Bassa Reggiana di questi Leonardini se ne andavano costruendo diversi, con personali modifiche, che ognuno riteneva "migliorative". I vari piloti si incontravano ogni fine settimana a Mantova, nell'ex campo di aviazione "Migliaretto", che fiancheggiava la statale della Cisa all'ingresso della città. Questi convegni attiravano una discreta massa di appassionati e curiosi e davano modo ai piloti di pavoneggiarsi davanti a un folto pubblico. C'era chi arrivava trainando il velivolo con l'auto e chi arrivava in volo, la dotazione di attrezzi per le riparazioni in campo era generalmente costituita da un paio di pinze e filo di ferro, con i quali si aggiustava praticamene tutto. Uno di questi piloti, che abitava in campagna e decollava dal vialetto di accesso del suo podere, un giorno atterrò tutto insanguinato perché decollando aveva "frullato" un paio di galline che fuggendo davanti al Leonardino erano finite nell'elica. Tutto ciò dà un'idea dell'approssimazione in cui questi pionieri affrontavano il volo, nonostante ciò, a parte qualche ammaccatura più o meno grave, tutti continuavano a svolazzare allegramente nel caos più completo.
Ma veniamo al fatto saliente. Una bella domenica di sole, mentre Fausto faceva il pieno al suo velivolo, fu avvicinato da un signore che gli chiese se gli lasciava provare il Leonardino. Fausto aveva visto quel signore parlare a lungo con un altro pilota e pensò, che per fare una simile richiesta doveva essere anche lui un pilota. -"Chiedilo a Landini, lui te lo fa provare di sicuro". Landini era il fratello del campione mondiale di motonautica Giuliano Landini ed era un favoloso meccanico. Aveva costruito un meraviglioso Leonardino, perfetto, tutto cromature e coloratissimo. Landini però non aveva il coraggio di volare (probabilmente era l'unico che si rendeva conto che in effetti c'era qualche rischio), e si accontentava di vedere il suo velivolo pilotato da altri. Avendo visto quel signore dall'aria sicura parlare con gli altri piloti, quando questi gli disse che Fausto lo aveva indirizzato da lui, non esitò ad accontentarlo .
Sta di fatto che questo signore, che in realtà nessuno conosceva, iniziò a rullare sulla pista a tutta manetta con il Leonardino di Landini. Nonostante il mezzo avesse preso una bella velocità, non accennava decollare, la pista era molto lunga, ma il "pilota" non tirava la cloche e non toglieva neppure gas... poi si comprese che era paralizzato dal terrore, e solo mentre stava per schiantarsi a fine pista diede uno strattone alla cloche, decollando quasi in verticale, sfiorando le cime di alcuni pioppi. Poi, evitando miracolosamente lo stallo, rimise il Leonardino in linea di volo e si allontanò all'orizzonte. Passato il primo sbigottimento i piloti iniziarono a chiedere chi fosse quel tipo, finché uno dei presenti disse -"Chi, quello lì? Ma se lo hanno appena dimesso dal manicomio di Castiglione delle Stiviere!"- Mentre l'agitazione era al massimo si vide riapparire il Leonardino che avvicinatosi al campo lo sorvolò più volte, sempre a tutto gas. Il tipo ci stava prendendo la mano e forse si divertiva anche, non era così per i presenti: la voce del matto volante si era sparsa e tutti cercavano rifugio. Chi tentava di raggiungere i vecchi hangar abbandonati, chi si riparava dietro le auto, sembravano tante galline con il falco che sorvola il pollaio. Dopo alcuni passaggi sul campo il pazzo volle tentare l'atterraggio, ma teneva la cloche con tutte e due le mani e non toglieva mai motore, probabilmente non ricordava neppure che ci fosse la manetta. Fatto sta che ad ogni discesa, il velivolo acquistava una velocità folle e quando arrivava prossimo al suolo il matto si spaventava e cabrava... -"Cava 'l gas!"- gli gridavano i piloti, ma lui, con il motore a pieno regime, non sentiva nulla. Dopo numerosi tentativi il pazzoide decise di mettere comunque le ruote a terra e tenne decisamente la cloche in avanti fino a che "atterrò" a tutta velocità. Rimbalzò e quasi subito imbardò da un lato alzando un enorme polverone dal quale fuoriuscivano numerosi pezzi di Leonardino... il motore dopo un ultimo urlo si spense e nel silenzio totale, proprio come in un film, il matto uscì illeso e sorridente dal polverone...